sabato 30 maggio 2015

IL CASTELLO INCANTATO






     Il momento era propizio.
    Il grande cigno di porcellana addormentato sul tavolo dorato iniziò lentamente a rialzare il capo e, con un balzo leggero, fu sul pavimento della stanza del Re.  Guardò la sua immagine riflessa nel grande specchio e sospirò.
   In quel momento il Re uscì dal quadro che si trovava sulla parete a lato del suo ricco letto monumentale.
     Si avvicinò raggiante al cigno e lo baciò sul capo accarezzandone il sinuoso collo bianco.
     In quell’istante il cigno iniziò a brillare di una luce accecante che lentamente lo catturò lasciando il posto ad una bellissima figura di giovane uomo che teneva un violino appoggiato sulla spalla.
-          Grazie - sussurrò il Re.
     Un crescendo di voci iniziò ad espandersi nella stanza.
-          Ora possiamo uscire, venite anche voi - disse il Re.
     Si incamminarono, il Re e il musicista, verso l’uscita del castello. La scia di quelle voci li seguiva.  
    La magia della notte li accolse. Una splendida luna piena illuminava il silvestre paesaggio dove spiccava il turrito castello addormentato.
     Non c’erano mai stati soldati in quel castello e nemmeno prigioni.
    Il Re procedeva lentamente, seguito dall’elegante giovane, dirigendosi verso un lago argentato nel quale la luna  si specchiava civettuola.
    Vicino alla riva era ad attenderli una splendida barca a forma di conchiglia sulla quale presero posto il Re e il giovane musicista. Quando si furono accomodati, la barca iniziò a muoversi lentamente scivolando sulle acque chete del lago.
-          Ora, puoi iniziare – disse il Re, rivolgendosi al suo vicino.
    Questi si alzò in piedi e, poggiato nuovamente il violino sulla spalla, iniziò a suonare una musica dolcissima. Il Re chiuse gli occhi ascoltando estasiato.
    Quella musica irresistibile svegliò le fate e i folletti dei boschi circostanti che accorsero sul luogo incuriositi.
     Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi li turbò piacevolmente.
    Dalla barca a forma di conchiglia giungeva loro quella  musica  melodiosa al suono della quale delle figure umane evanescenti danzavano, tenendosi per mano, lungo le rive del lago e nei prati che lo circondavano.
-          Ogni estate, nelle limpide notti di luna piena, il Re organizza per loro questa festa – disse il Principe degli Elfi.
-        È  grazie alla loro arte e al loro lavoro che esiste il magnifico castello con le sue meravigliose fontane e i variopinti giardini - asserì la Regina delle Fate.

    Fate e folletti si unirono quindi alle danze in un baluginante luccichio che si confondeva con quello delle stelle.
    Sazia di tale spettacolo, la notte si strinse nel suo scuro mantello e scivolò dietro i monti cedendo il passo all'alba che l’attendeva. Così le ultime note di quella musica divina si smorzarono in fretta, mentre ogni figura umana evanescente si dirigeva veloce verso il castello. Il Re tornò nel quadro, il cigno sul tavolo dorato e quelle sembianze umane  si nascosero, rimpicciolendosi, dietro i riccioli d’oro delle cornici, dietro gli specchi, le finissime porcellane, le cristallerie, gli arazzi, i dipinti, i legni finemente lavorati e tutto ciò che impreziosiva ogni angolo di quel luogo incantato.
     Il sole era ritornato sorridente sul suo scranno dorato ad inondare la terra di luce e di vita.
     I primi visitatori cominciarono a giungere, ansiosi di vedere...
   Ogni giorno arrivava tantissima gente da tutto il mondo perché quel castello era opera di rara bellezza in cui solo l’arte regnava sovrana.

     E le fate e gli elfi conoscevano chi stava nascosto fra le sue meraviglie.

- Giovanna Giordani -




RECENSIONE A "IL RESPIRO DELLA LUNA" di Cristina Bove



Mi piace leggere le poesie nel silenzio del mattino quando i sogni non sono ancora evaporati nella luce del giorno.
La seconda silloge di Cristina Bove è un invito irresistibile, lì sul comodino.
L’ho letta così, centellinata fra le mie giornate.
Sicura di trovare un piccolo tesoro di parole mi soffermo su ogni poesia e sempre provo stupore e commozione assieme.
Stupore nell’udire un’anima vibrare con sincerità nella parola e la sua intrinseca tensione ad abbracciare l’universalità del sentire. Stupore nel constatare come la mente possa creare simili ornamenti di pensieri.
Commozione… questo sarà un fatto mio personale, non so!
Leggo “RAGAZZE” ……“le ragazze che vivono dentro / celate da pieghe e sospiri / hanno frecce d’amore rovente / stupori di donne bambine….” E’ una grande  verità. Il tempo logora il fisico, ma nell’anima c’è sempre voglia di primavera. Lo vedo ogni giorno nelle persone che incontro.
Primavera nel senso di rinascita, di voglia e gioia di vivere, di sentirsi parte integrante del mondo intero a dispetto di rughe e malanni.
 Poi il respiro si racchiude nell’intimità di “HO UN PIANTO”……”non puoi sapere, tu / se sulla pelle / mi ricamo il tuo nome e il tuo respiro…”
Oppure di un “ADDIO”  …”addio fatto di niente / impronunciato / un mormorio di pianto / è quanto resta”.
“Il respiro della luna” è un titolo azzeccato, direi.
La luna respira con la luce del sole. Come per noi, il sole la fa “vivere”, ce la mostra e noi la guardiamo incantati. La luna è la grande musa di tanti poeti. E quindi anche Cristina ne subisce il fascino.
La luna, quindi, si fa vita, respiro. Contempla  il nostro nascere, vivere e morire.
Ascolta i nostri pensieri, le nostre ansie, i nostri perché.
E questo respiro si può tradurre in poesia, poesia lirica, poesia universale come quella che sgorga dal cuore e dall’anima di Cristina.
Come al solito la silloge è eterogenea, ognuno troverà di sicuro i versi con i quali si sentirà più in affinità e che doneranno un attimo di eterea comunicazione facendo riemergere magari sopite sensazioni o riflessioni.
Chiudo citando “L’ANGELO DI MEZZANOTTE”  dalla quale traspare l’immenso amore per tutta l’umanità di questa geniale poetessa …”raccoglierei il dolore degli umani / il loro pianto in una coppa d’ombra / il loro grido dentro l’arca nera / e trapassando nuvole e bagliori / ai piedi tuoi li deporrei / e ti rassegnerei le dimissioni / d’angelo disilluso del divino /e poi / senz’ali / riscenderei per piangere con loro”.
Ma se Dio c’è, è anche qui.

- Giovanna Giordani -




http://www.ilfoglioletterario.it/catalogo_poesia_il_respiro_della_luna.htm

venerdì 29 maggio 2015

RECENSIONE A "FIORI E FULMINI" di Cristina Bove


L’avevo desiderato questo libro di poesie di Cristina Bove. L’avevo desiderato perché sapevo che sarebbe stato un atto di giustizia. Verso la Poesia e verso la Poetessa. L’ho conosciuta sulle pagine azzurre del sito “Poetare” e quando lessi il suo commento alle opere dei vari autori “…grazie, per non aver scelto il silenzio” ne fui subito catturata.  Questo significava disponibilità all’ascolto, alla condivisione. L’animo doveva essere quello sensibile e ricco di umanità del vero Poeta. Ed infatti non mi sbagliavo. Le sue poesie ti entrano nell’anima come un raggio di luce nell’oscurità, ne senti il magico scaturire come la sorgente liberata dalla zolla, come il fiore che nasce sulla roccia.
Di lei ne percepisci la cultura, ma capisci che non ne vuol fare sfoggio bensì dono,  per comunicare, condividere, compartecipare a quel mistero che è l’umanità.
Ed ecco allora la bellissima “POETA a chi?”  Niente spocchia e supponenza nel mondo della poesia, ma solo umiltà. Come non volerle bene!
“CIASCUNO”, “Ciascuno/ sa il bruciare del suo pianto/quanto/ gli spezza il cuore/il suo dolore…..”
Le sue poesie sono venate di accorate domande a cui cerca di rispondere evocando l’unica parola in cui sente possibile un alito di speranza e di salvezza, e cioè la parola “amore” . Ed ecco “LA ROCCIA”  grande, maestosa…”..pregò il suo dio/perché gli fosse dato/espansione infinita/eternità/e Dio/lo fece diventare/amore.”
Si sa che in un mazzo di fiori ce ne sono alcuni che istintivamente preferiamo ed allora io scelgo “AMO LE VOCI”  ….”amo la voce mite e convincente/che sa guidare/ma non è invadente/che sa esprimere il senso del divino/senza dimenticare quello umano….”
E poi “L’UOMO CHE ANDO’” “L’uomo che andò/lontano/nei silenzi/impietriti delle sfingi/a cercare il suo dio…”
Una musica di parole che affascina e conquista il lettore. Così è la poesia di Cristina Bove.
“FIORI E FULMINI”. Certo. Fra i secondi ci può stare “O DIO”. Ecco, vorrei che lassù leggesse perché anch’io mi trovo in accordo con quanto dice la poetessa. Domande come fulmini che illuminano il cielo e scompaiono, con risposte umane che non ci convincono….” ..A me basta l’inferno/di questo nostro vivere/in cui siamo costretti ad inventarci/giudizi universali/e a raccontarci/di paradisi inutili/per non odiarti/o Dio”.  Sono versi forti, nati dalla sofferenza per l’apparente assenza di un Dio che protegga, ascolti,  aiuti, qui, in questo mondo, piuttosto che in quello che non conosciamo.  
La raccolta è eterogenea, fiori di parole ricche di significato e di musica, fulmini come lampi, intuizioni, condanna contro l’ingiustizia e la menzogna “NUOVI FARAONI” ..”Voi spacciate sorrisi/dalle navi/che trasportano morte/vendete paradisi/agli innocenti abbacinati/e uccisi/da lusinghe contorte.”…
Per chi ama la poesia leggere Cristina Bove sarà una festa per il cuore e per la mente. Io la posso solo consigliare….vivamente!

- Giovanna Giordani - 






http://www.amazon.it/Fiori-fulmini-Cristina-Bove/dp/8876061630


  

RECENSIONE A "DRAGHI E COMPUTER" di Rosella Rapa







Dalla lettura di un libro fantasy ci si aspetta di addentrarsi in un mondo dove l’impossibile diventa possibile, dove si può fluttuare liberi fra le nuvole e guardare dall’alto castelli sorgere su altissime rocce circondate dal mare o da foreste dalle sembianze umane.
E’ con questo spirito che mi sono addentrata nella lettura di “Draghi e computer” di Rosella Rapa.
Ma fin dal primo racconto “il vecchio forte” potei constatare che non si trattava solo di fantasia, ma di una mescolanza ricercata fra realtà ed immaginazione.
L’autrice parte da una situazione reale e si addentra con abili descrizioni  nel mondo dell’immaginario, del sogno, della percezione, insomma del fantastico.
Un fantastico, dunque, generato dalla quotidianità del vivere, un fantastico che ci cattura ed affascina appagando le menti che amano “il paese che non c’è”.
La silloge è composta di sette racconti ognuno con la propria originalità  di tema e contesto che sicuramente lasciano spazio allo stupore ed alla riflessione in quanto, appunto, la fantasia sembra scaturire da situazioni reali come una pianta d’edera aggrappata alla roccia.
Bellissimo, a questo proposito, ho trovato l’incipit di “Allegoria”, racconto che si può prestare alle più svariate interpretazioni, non ultima  quella relativa al decadimento di certe moderne società.
Dove invece la fantasia vola alta e stupefacente è il raccanto “Il drago”. Qui si può proprio dire che la realtà partecipa, incantata, al dipanarsi di una fiaba avvincente, intrisa di valori morali e dal finale non proprio scontato.
E se gli altri tre racconti “Iride”, “Ricordi” e “il castello maledetto” ci portano in paesaggi fiabeschi abitati dai personaggi più strani ed imprevedibili con le loro storie intriganti “verosimilmente inverosimili”, l’ultimo, “il potere del linguaggio” , ci fa sentire proprio nella nostra epoca dove regna indiscusso re “Computer”. L’abilità descrittiva di questa fiaba moderna raggiunge livelli, a mio modesto parere, veramente notevoli.
So che l’autrice è esperta in informatica e questo ne ha certamente facilitato la stesura con una proprietà di linguaggio  evidente.
Ma è proprio da questa narrazione che traspare la personalità autentica della scrittrice con il suo desiderio di andare oltre il quotidiano ed il visibile. Da questo racconto noi possiamo capire che ella si sente attratta da un mondo che non è propriamente quello dell’informatica, ma quello che vive, sotto varie forme, in ogni mente umana e che non tutti riescono ad esprimere. Lei ci prova ed il risultato la riempie di soddisfazione. Il suo mondo è il fantasy e lei ha compreso che è nata per raccontarlo. 
-    


-      -  Giovanna Giordani  -



Risultati immagini per DRAGHI E COMPUTER ROSELLA RAPA

http://www.mondadoristore.it/Draghi-e-computer-Rosella-Rapa/eai978888776244/



domenica 24 maggio 2015

QUANDO TU SARAI VECCHIA ( William Butler YEATS )



When you are old


When you are old and gray and full of sleep
And nodding by the fire, take down this book,
And slowly read, and dream of the soft look
Your eyes had once, and of their shadows deep;

How many loved your moments of glad grace,
And loved your beauty with love false or true;
But one man loved the pilgrim soul in you,
And loved the sorrows of your changing face.

And bending down beside the glowing bars,
Murmur, a little sadly, how love fled
And paced upon the mountains overhead,
And hid his face amid a crowd of stars.


Quando tu sarai vecchia
 Quando tu sarai vecchia, tentennante
tra fuoco e veglia prendi questo libro,
leggilo senza fretta e sogna la dolcezza
dei tuoi occhi d'un tempo e le loro ombre.

Quanti hanno amato la tua dolce grazia
di allora e la bellezza di un vero o falso amore.
Ma uno solo ha amato l'anima tua pellegrina
e la tortura del tuo trascolorante volto.

Cùrvati dunque su questa tua griglia di brace
e di' a te stessa a bassa voce Amore
ecco come tu fuggi alto sulle montagne
e nascondi il tuo pianto in uno sciame di stelle.
- W. Butler Yeats - 

(Traduzione di Eugenio Montale)

sabato 23 maggio 2015

MICENE




Guardate
dove si aggrappano alla collina
queste ampie rovine circolari
fu Micene
Sorreggevano le possenti mura della reggia
sempre fremente di potere

Questi sassi
risparmiati dal tempo
hanno visto delitti indicibili
e bottini di guerre e ricchezze

Ora
i  cocci e i preziosi
sopravvissuti
ben sistemati nel museo
raccontano
l’effimero della vita
e l’eternità dell’arte

I due leoni
scolpiti sulla grande pietra dell’entrata
sempre più consunti
sbirciano l’andirivieni

degli stranieri

- Giovanna Giordani - 


AUTORI VARI - CONTRO LA GUERRA





Monumento ai caduti
Al mio paese, vicino alla piazza,
ma non in mezzo
perché il ricordo potrebbe rattristare,
ci sta un bronzeo monumento ai caduti
un fante impetuoso all'attacco
nell'atto di lanciare una granata.
Quando il comune intese farlo
pensava anche di mettere con lapide
i nomi dei caduti di due guerre
ma così il conto lievitava
e i fondi eran già pochini
tanto che salomonicamente si risolse
con una dedica di un sol rigo:
ai caduti del paese in tutte le guerre.
Saggia decisione per non dover
tornare in argomento
semmai due guerre non fossero bastate
a ferire profondamente il mio paese,
ma avrei preferito ci fosse scritto solo
Ai caduti d'ogni guerra
ai nostri, a quelli dell'Italia
e di ogni altra nazione, anche nemica,
con sotto una piccola postilla:
"monito affinché altre non vi siano".
E' certo poca cosa per scongiurare
sanguinosi e tragici conflitti
ma lo farei leggere ai bambini delle scuole
spiegando loro che in guerra
non c'è onore, ma solo orrore
che tanti ne son morti
al suono di fanfare
e che quella corona che il IV novembre
lì si depone per ricordare una guerra vinta
è frutto di retorica abitudine
un insulto alla memoria
di giovani immolati sul campo di battaglia
che solo chiedevano di vivere
mentre a loro fu invece imposto di morire.
- Renzo Montagnoli - 




Se viene la guerra
Se viene la guerra
non partirò soldato.
Ma di nuovo gli usati treni
porteranno i giovani soldati
lontano a morire dalle madri.
Se viene la guerra
non partirò soldato.
Sarò traditore
della vana patria.
Mi farò fucilare
come disertore.
Mia nonna da ragazzino
mi raccontava:
"Tu non eri ancora nato. Tua madre
ti aspettava. Io già pensavo
dentro il rifugio osceno
ma caldo di tanti corpi, gli uni
agli altri stretti, come tanti
apparenti fratelli, alle favole
che avrebbero portato il sonno
a te, che, Dio non voglia!,
non veda più guerre".

- Dario Bellezza -
(1944 - 1996)




La guerra che verrà
La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
C’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
Faceva la fame. Fra i vincitori
Faceva la fame la povera gente egualmente.

- Bertolt Brecht -



Un nome

C’è una tomba
in Slovenia,
custodisce le spoglie
di un ragazzo straniero.
Poco più di vent’anni,
due occhi grandi
spalancati sul mare.
Un agguato
in un casolare lontano,
soldati vestiti di nero
han deciso per lui
imbracciando un fucile.
Il suo nome
era Pietro Maria,
mi ha lasciato il dono
di portarne uno uguale.
Era solo un ragazzo,
mio zio,
fratello di Nina,
mia madre.
P.M.C. (Piera Maria Chessa)

mercoledì 20 maggio 2015

SONO NATO (Iosif A. Brodskij)






Sono nato e cresciuto nelle paludi baltiche, dove
onde grigie di zinco vengono a due a due;
di qui tutte le rime, di qui la voce pallida
che fra queste si arriccia, come un capello umido;
se mai s’arriccia. Anche puntando il gomito, la conchiglia
dell’orecchio non distingue in esse nessun ruglio,
ma sbattere di tele, di persiane, di mani,
bollitori su fornelli, al massimo strida di gabbiani.
In questi piatti paesi quello che difende
dal falso il cuore è che in nessun luogo ci si può celare e si vede
più lontano. Soltanto per il suono lo spazio è ostacolo:
l’occhio non si lamenta per l’assenza di eco.

- Iosif Brodskij - 


sabato 16 maggio 2015

MIEI VERSI (Sibilla Aleramo)

Fra le mie preferite:




Miei versi
mia nobiltà
voi soli
di tutto quanto
somme immense
alla vita donai
voi soli restate
piccoli in piccolo volume
lucenti
tutto s'è fatto gemmeo
le lagrime i sorrisi i notturni aneliti
il vento e le rose
il pensiero degli umani squallori
e i volti degli amori
oh miei versi
mia nobiltà
voi soli restate
lucenti...

- Sibilla Aleramo -

giovedì 14 maggio 2015

L'UOMO CHE ANDO' (Cristina Bove)

Una fra le mie predilette, di stagione!



L'uomo che andò
lontano
nei silenzi
impietriti delle sfingi
a cercare il suo dio
    viene a posare
    stanco
    il suo domani
    nella casa di maggio

ci sono rose
ai cancelli e rose
alle ringhiere

     e chi aspetta
     chi torna
     muove l'ombra
     calante sui gradini

l'ombra che avanza
entrando
l'ombra che ne sta
uscendo

     si passano invisibili
confini

e le rose fioriscono
e appassiscono
nello stesso mattino...

- Cristina Bove -

sabato 9 maggio 2015

RITROVATE VISIONI

Alla mia tenera mamma



Mi appare nella mente
all’improvviso
l’ abitino leggero
rosa antico
ondeggiante
sulle gambe veloci
di me stessa bambina

Era domenica mattina
ed alla Messa
accorrevamo tutti 
come ad una festa

Dalle vetrate
il sole sfavillava
in fasci di polveri dorate
e osannanti canzoni 
salivano gli altari
ancor più in alto
oltre ogni confine 

Di quei giorni felici
un viso risplende
sopra tutti
e adesso 
più mi strugge
dal suo cielo distante
quello sguardo adorabile
e pensoso
della mia dolce seria
mamma trepidante.

- Giovanna Giordani -





mercoledì 6 maggio 2015

PARSIFAL







Batte ancora
d terrore
o nobile Parsifal
il cuore delle volpi
inseguite
dagli aguzzini

E tu 
tanto lontano sei
da troppo tempo

Nuovi mostri
atterriscono
gli abitanti di Camelot
e nessuno più sorride
da quando sei partito

Solo una volpe
dal manto scintillante
nell'oscura selva
va dicendo al vento
che un giorno tu
tornerai


- Giovanna Giordani - 

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